100 anni fa nasceva Vincenzo Ferdinandi, uno dei fondatori dell’Alta Moda in Italia. Quella che vi racconto oggi è la sua storia. Vi “consegno” qui un pezzo della moda italiana, impreziosita dagli aneddoti e dalle curiosità che ho raccolto dai figli dello stilista, Antonello e Ferdinando, in un’intervista inedita, che ho lasciato come ciliegina sulla torta. Ma prima vi racconto la storia di Vincenzo Ferdinandi.
29 novembre 1920, qui comincia la storia di Vincenzo Ferdinandi
Newark, nel New Jersey, offre i natali a Vincenzo Ferdinandi. Nasce in terra americana da una famiglia trasferitasi negli States agli inizi del ‘900, ma l’Italia resterà sempre il suo campo prediletto di azione e di affermazione. Insieme alle Sorelle Fontana, Emilio Schuberth, Simonetta, Alberto Fabiani, Mingolini-Gugenheim, Roberto Capucci ed altri, Vincenzo Ferdinandi può essere considerato tra i fondatori dell’Alta Moda in Italia.
Anni ’40, Vincenzo Ferdinandi tra Parigi e Roma
Ferdinandi rientra in Italia ed affina il suo stile e le sue competenze. Lavora prima nella sartoria di famiglia in Via del Babuino. Poi Fernanda Gattinoni lo chiama nel suo atelier apprezzandone soprattutto il suo estro creativo. Nel ’49 vola a Parigi direttamente da Dior per una collaborazione stilistica. Grazie a Monsieur Dior Ferdinandi si avvicina ad uno stile pulito, lineare, senza fronzoli e senza eccessive decorazioni. Al termine della collaborazione Ferdinandi dice “Au revoir” a Parigi, e torna in Italia aprendo il suo atelier personale nel cuore pulsante della Dolce Vita, l’acclamata Via Veneto. Lì la sua avventura prende il volo. Lì arriverà tra gli altri anche un giovanissimo allievo. Il suo nome è Valentino Garavani.
Lo Stile Ferdinandi tutto condensato nel tailleur
Il tailleur Ferdinandi è la quintessenza dello stile, a vederlo oggi non si scorge nessuna ruga o increspatura del volto. Sembra senza tempo. La bravura sartoriale di famiglia gli concede un’estrema facilità nel poggiare il tessuto sul corpo della donna, per esaltarne al meglio le forme e per creare dei modelli immortali. Lasciamo ad Oriana Fallaci, inviata per Epoca, una delle più belle frasi sul suo conto:
“Ferdinandi ha per il tailleur lo stesso culto che un coreografo russo può avere per la danza e un cuoco romano per le pastasciutte alla matriciana. Egli sostiene che in nessun abito la donna è seducente come col tailleur, ipocritamente severo. Tailleurs sono i suoi abiti da mattina, tailleurs sono i suoi abiti da cocktail, tailleurs i suoi abiti da sera, di tessuti rigidi o pesanti, di lana e seta mischiata”.
E ancora, la Fallaci scrive sul conto di Ferdinandi:
“Ferdinandi viene da una famiglia di sarti napoletani di gloriosa tradizione, ed è un sarto per davvero, non solo disegnatore: cuce da sé i suoi vestiti, riservandosi sempre l’onore superstizioso di attaccare da sé l’ultimo bottone”
Chi è la donna Ferdinandi? Una diva o un’attrice, ma anche una donna moderna e impegnata, ossia l’immagine femminile che in quel momento l’Alta Moda stava imparando a vestire. Il tailleur Ferdinandi si presenta con vita sottile, stile asciutto e spalline prive di cuciture. I modelli sono comodi da indossare e sempre estremamente eleganti. Aggiungo, e ricordatevi questo dettaglio, che Vincenzo Ferdinandi è famoso per aver creato il colore “rosso borbonico“. Seguitemi, dopo curioseremo di più attraverso le parole dei fratelli Ferdinandi.
Da una rassegna stampa dell’epoca:
“Ferdinandi, il tagliatore per antonomasia, ha presentato la linea “Pinguino”. Con questa definizione il modellista ha voluto indicare che tutto il suo impegno è stato studiato specialmente per risolvere l’importanza del dietro del tailleur e mantelli. Spalle e vita sono al posto naturale. Interessantissimo il motivo del colletto: normale e molto allungato di “revers” sul davanti, viene eliminato sul dietro e tagliato in un solo pezzo col dorso della giacca”.
Negli anni Ferdinandi vestì Ingrid Bergman, Sandra Dee, Rhonda Fleming, Eliette Von Karajan, Virna Lisi, Anna Magnani, Gina Lollobrigida, Sylva Koscina, Lucia Bosè, Ilaria Occhini, Elsa Martinelli, Marta Marzotto, Ljuba Rizzoli, Eloisa Cianni (che fu Miss Italia nel 1952) e May Britt (moglie di Sammy Davis jr.).
Non solo. Altre testimonial d’eccezione sono la famosa cantante e ballerina americana Josephine Baker (che in questa foto lascia un alone di mistero sulla paternità del vestito che indossa: “Chanel? Dior? Ferdinandi? Who knows?) e la modella Simone Bicheron, che sfilò per Ferdinandi, moglie dell’attore tedesco Curd Jürgens che vinse il Festival di Venezia nel 1955.
Speriamo che un giorno un suo modello possa vestire anche noi, non siete d’accordo?
Quella volta della “Stazione Termini”
Non lasciatevi trarre in inganno dal titolo del paragrafo. “Stazione Termini” è un film diretto da Vittorio De Sica in cui l’attrice Jennifer Jones indossò un tailleur Ferdinandi. Qui c’è un aneddoto succulento. Ferdinandi dichiarò di essere rimasto molto colpito dal portamento della Jones, la quale a sua volta confessò a Ferdinandi la necessità di avere un tailleur che durante le riprese del film la facesse sentire a suo agio. La produzione aveva già fornito un tailleur di Dior alla Jones, ma lei disse a Ferdinandi che avrebbe tranquillamente scelto il suo qualora le fosse piaciuto di più. Andò proprio così. Ferdinandi batté Dior uno a zero, perché la Jones scelse il tailleur del sarto italiano. Dior però si aggiudicò l’Oscar per il miglior costume e, da vero gentiluomo confidò a Ferdinandi: “Vincenzo, a bòn retour…”.
1952, a Firenze per inventare l’Alta Moda e combattere i pregiudizi
Il 22 luglio 1952 è una data storica per la moda italiana. Vediamo se siete preparati. Vi do un indizio: Firenze. E anche un altro: Giovanni Battista Giorgini. Fine dei quiz. Andiamo alla sostanza. Ferdinandi è tra gli stilisti invitati dal nobile fiorentino Giovanni Battista Giorgini alla storica sfilata nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze. Quella sfilata contribuì alla nascita del cosiddetto Made in Italy, che per la prima volta salì alla ribalta offuscando la ben più blasonata moda dei “cugini francesi”. Quella sfilata aprì gli occhi ai buyers americani risvegliando i loro appetiti sopiti verso l’Italia, e diede vita ad un grande fermento creativo ben descritto da Oriana Fallaci.
Nella seconda edizione Ferdinandi fu invitato nuovamente a sfilare, e qui abbiamo un aneddoto degno di nota che fa emergere la figura di Ferdinandi in tutto il suo carattere anticonvenzionale. Colpito dalla bellezza della modella di colore Dolores Francine Rhineey, lo stilista si impuntò per farla sfilare, nonostante i malumori degli organizzatori. Minacciando di fare le valigie e abbandonare la sfilata, Ferdinandi ottenne che la prima modella di colore sfilasse su una passerella internazionale (molto prima di Donyale Luna negli anni ’70). Polemiche e ostracismo non gli furono risparmiati, mentre i compratori andarono in visibilio. Tutti noi oggi sappiamo l’importanza di quel gesto che ruppe le rigide regole del sistema moda. Il messaggio di Ferdinandi era forte e chiaro: era tempo di abbattere i vecchi pregiudizi e rendere anche la moda più liberale e inclusiva.
Anni ’60, avanza il prêt-à-porter e l’Alta Moda si defila
L’avvento del prêt-à-porter non piacque a Ferdinandi, che assunse una posizione sempre più defilata dal mondo dell’Alta Moda, come accadde in realtà per numerosi suoi colleghi. Gli anni ’60 segnano l’abbandono dalle passerelle, pur continuando l’attività dell’atelier fino alla sua scomparsa nel 1990. Se qualcuno di voi ha avuto la fortuna (come la sottoscritta) di visitare la mostra “Bellissima” al museo Maxxi di Roma nel 2014, avrà sicuramente scorto il nome di Vincenzo Ferdinandi tra i pionieri della Moda Italiana.
Intervista ad Antonello e Ferdinando Ferdinandi, figli dello stilista
Laura: Cari Antonello e Ferdinando, prima di tutto grazie per avermi “consegnato” la storia di vostro padre. Conoscerlo sarebbe stato un vero onore per me. Il suo personaggio mi ha incuriosito molto, anche perché tra le pieghe dei suoi tailleur è evidente che il suo stile è qualcosa che non tramonta. Mi piacerebbe farvi qualche domanda su vostro padre e sulla sua straordinaria storia.
Laura: Sapete dirmi un gesto o un modo di dire che vi fa subito venire in mente lui?
A. e F. Ferdinandi: Rispondiamo a lettere maiuscole “il baciamano“. Lui faceva sempre questo gesto galante con le donne, e anche noi l’abbiamo ereditato. Un’altra gestualità che ci fa pensare a lui è quando accendeva la sigaretta con il Ronson, la marca di un accendino vintage americano. Questa immagine ci è rimasta particolarmente impressa, sapeva d’altri tempi.
Oltre ai suoi gesti abbiamo tanti ricordi di papà. “Io ad esempio” confessa Antonello “mi ricordo che papà era amico di De Chirico, si conoscevano e si frequentavano. Una volta De Chirico incontrò papà che mi teneva in braccio. Io ero molto piccolo, e De Chirico esclamò che con i miei riccioli biondi, sembravo un puttino michelangiolesco. In seguito tratteggiò un mio ritratto e lo regalò a mio padre. Conservo ancora quel ritratto e per questa felice definizione di De Chirico mi è rimasta cucita addosso per tutta la vita”.
Laura: Vi andrebbe di raccontarmi qualche aneddoto sulla scaramanzia di vostro padre. La storia del bottone mi ha molto incuriosito.
A. e F. Ferdinandi: Papà aveva il vezzo di cucire scaramanticamente da sé l’ultimo bottone di ogni sua creazione. Una scaramanzia a cui teneva particolarmente. Oltre al bottone papà diceva spesso questo detto: “Né di Venere né di Marte, non si sposa non si parte, né si dà principio all’arte”. Inoltre lui non osava ammazzare i ragni perché “il ragno porta guadagno”.
Laura: Se vi fa piacere raccontatemi i complimenti più belli che avete sentito sul conto di vostro padre da persone con cui ha lavorato nell’ambito della moda.
A. e F. Ferdinandi: Ti raccontiamo un aneddoto. Marta Marzotto sfilò per papà e portò casualmente via l’abito dopo la sfilata. A quei tempi veniva prodotto solo un esemplare per la sfilata, e successivamente riprodotto su misura per il futuro acquirente. Mia madre avrebbe voluto tenere lei quell’abito, e questa cosa se l’era legata al dito. Qualche anno dopo incontriamo per caso a Milano Marta Marzotto ad un vernissage. Ci avviciniamo e con discrezione le diciamo “Lei si ricorda di aver sfilato per Ferdinandi?” Lei risponde fiera: “Certo, sfilavo solo per i migliori io”. In quel momento ci siamo alzati da terra, in qualche modo “volando” per la gloria che il suo commento ci aveva regalato.
Fu la direttrice dell’atelier Ferdinandi di Via Veneto, Marianne Spottiswoode, a dirci una volta “vostro padre dava forma al tessuto”, ci abbiamo messo anni per capire questo commento. Seguendo l’imprinting dello stile asciutto e lineare del primo Dior, con cui papà aveva collaborato a inizio carriera, era in grado di avvicinare il tessuto al corpo di una donna realizzando il modello che più esaltava la sua figura.
Un altro complimento memorabile per noi fu la definizione di Vincenzo Ferdinandi come “A Star Tailor” apparsa su Vogue America, in un articolo sulla moda italiana nei primi anni del Made in Italy.
L’ultimo complimento che ci piace raccontare è di nostra madre. Loro si erano separati e non avevano mantenuto un buon rapporto. Lei una volta ci disse “vostro padre aveva le mani d’oro“. “In che senso?” le chiedemmo. E lei: “Sapeva tagliare”. Al nostro commento che minimizzava “…e che ci vuole, prendi una forbice e tagli” lei rispose secca “Ve lo credete voi”. Con quel “ve lo credete voi” capimmo l’importanza e il valore del suo complimento, a cui poi abbiamo dato spessore negli anni.
Tagliare i tessuti ancora oggi è un’arte e infatti, andando a ricostruire i ruoli nella nostra famiglia, abbiamo scoperto che nostro nonno era primo tagliatore di un atelier francese a New York. Dunque questa è proprio una bravura di famiglia. Lui era nonno Antonio, il papà di Vincenzo Ferdinandi.
Laura: A questo punto, la trama familiare si infittisce, ed io vi chiederei di raccontarmi qualcosa in più sulla famiglia Ferdinandi
A. e F. Ferdinandi: Ferdinandi è un cognome ispanico (probabilmente era Fernandez, o qualcosa di simile). La famiglia Ferdinandi arriva storicamente in Italia al seguito dei Borboni in qualità di sarti, o forse sarebbe meglio definirli costumisti. Arrivano dalla Spagna in Italia e lavorano per i Reali. Da allora, per centinaia di anni, si sono tramandati questo ruolo e hanno sempre lavorato in questo ambito.
Laura: Qui ci colleghiamo allora con la domanda successiva. Mi raccontate del famoso “rosso borbonico” e qual era il colore preferito da Vincenzo Ferdinandi?
A. e F. Ferdinandi: Il rosso borbonico deriva proprio dal periodo borbonico. I Borboni vivevano a Napoli, ma a Caserta dimoravano presso la Reggia e si rivolgevano all’opificio di San Leucio famoso per la produzione della seta a cui commissionavano tessuti e con cui collaboravano. Qui nasce un rosso profondo definito “borbonico”, una nuance di rosso profondo contenente una punta di colore cadmio. Dunque il rosso borbonico arriva dalla Famiglia Borbone e fu probabilmente creato insieme ai Ferdinandi nelle seterie con cui collaboravano, e a cui commissionarono questo speciale colore. Papà era molto affezionato al “rosso borbonico”, probabilmente per la storia che c’era dietro.
Per quanto riguarda il suo colore era in generale molto legato alla famiglia dei rossi, avendone usate tutte le sfumature. Il rosso, si sa, è anche il colore della passione. E qui non aggiungiamo altro…
Laura: Sarei curiosa di sapere cosa direbbe del mondo della moda oggi Vincenzo Ferdinandi
A. e F. Ferdinandi: Quando arrivò il prêt-à-porter papà si defilò, come altri stilisti dell’epoca come Capucci e Schubert. Oggi potrebbe dire “Valentino è l’ultimo baluardo di quella moda che amavo, l’Alta Moda”. Difficilmente papà apprezzerebbe l’atmosfera della moda odierna perché era ancorato al mondo dell’Alta Moda di quel periodo, eppure crediamo che riuscirebbe a riconoscere dei guizzi di genialità anche in alcune creazioni contemporanee.
Laura: Siamo in chiusura, e dunque mi chiedo come ci saluterebbe Vincenzo Ferdinandi al termine di questo articolo?
A. e F. Ferdinandi: A te riserverebbe il famoso baciamano, poiché era solito salutare le donne in questo modo. A noi figli ci darebbe uno scappellotto affettuoso, non si perderebbe in abbracci zuccherosi ma farebbe un gesto ironico e affettuoso insieme.
Ferdinandi Alta Moda
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Per ulteriori informazioni consultate il sito web ufficiale Ferdinandi
Trovate che la storia della moda italiana sia avvincente? Allora non perdetevi quella volta che mi si sono aperte le porte dell’Atelier delle Sorelle Fontana a Roma.