La “nuova vita” della moda.
Lo diceva anche Frida Giannini ex direttore creativo di Gucci in un vecchio articolo apparso su D Donna…”la moda deve essere etica per non farsi percepire come superflua”. Nell’affannato e deprimente contesto globale, specialmente oggi, la moda deve presentarsi sotto una nuova luce per giustificare i suoi lustri e paillettes. Se ne è parlato anche al Salone della CSR (Responsabilità Sociale d’Impresa) e IS (Innovazione Sociale) alla Bocconi di Milano.
Oddio, la Fast Fashion!
Dalle materie prime alla filiera produttiva, al breve ciclo di vita del prodotto, la moda ha non poche issues da affrontare nel suo percorso verso la sostenibilità. Si contano sulle punta delle dita le case che si fanno carico del bilancio sociale e coincidono con le più attaccate mediaticamente (es. Zara, H&M, ecc). La cosiddetta FAST FASHION di certo non aiuta. Il consumismo e la globalizzazione sono effettivi nemici della sostenibilità ed infondere atteggiamenti meno consumistico è davvero dura. Oltretutto come si fa a valutare se un capo o un accessorio è stato prodotto e venduto in maniera etica? E qualora lo avessimo scoperto (la tracciabilità non è roba da poco) quanto poi siamo disposti a spendere per far coincidere eticità e portafoglio?
A porre tutte queste domande mi sento Carrie Bradshow nella sua rubrica. Non so fornire e fornirmi risposte, ho solo degli interrogativi e cerco di dissipare la nebbia per individuare la strada da seguire. L’obiettivo verso cui propendere è, a mio avviso, una moda etica che possa avere ricadute positive sulle comunità, sulle persone svantaggiate, sui territori, e che non deturpi l’ambiente.
Qualche caso virtuoso c’è ed è forse il caso di cominciare da lì.
Il divano, opera d’eccellenza artigianale costruita collettivamente, ha permesso agli studenti di Meda (Mi) del Corso di Tappezzeria del Centro di Formazione AFOL di sperimentare le conoscenze acquisite in classe e permetterà inoltre di raccogliere fondi per i ragazzi del Centro di formazione di Managua (Nicaragua) di Terres del Hommes per acquisire competenze professionali per un futuro con maggiori opportunità. Divanoxmanagua, è il nome del progetto.
O ancora, la produzione delle grosse case di moda che viene ospitata nel Sud del Mondo permette alle famiglie di mandare i figli a scuola e produce un indotto locale (meglio che ci sia piuttosto che il contrario), ma vogliamo chiudere con un bel progetto Made in India, anche perché il suo video esplicativo (necessario poiché la struttura è piuttosto complessa) ci mette il sorriso
IOU – I Owe You punta sulla tracciabilità. Si parte dal filo che porta ai tessuti e poi al confezionamenti dei capi e poi alla vendita nella rete. Tutto tracciato, tutto sostenibile. Applausi!
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