POV. Stai visitando una mostra e ci sei dentro fino al collo, ti ha convinto. Mentre sei nella tua bolla senti dietro di te altri commenti entusiasti, ti giri e sorridi pensando che il messaggio è arrivato a tutti. Ecco quello che mi è capitato con la mostra di Daniele Tamagni a Palazzo Morando di Milano, curata da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino. Il lavoro del fotografo Daniele Tamagni è come un puzzle con tanti pezzi che compongono una bellissima visione d’insieme. Street photography, sguardo sociologico, analisi identitaria, semiotica della moda, empatia. Sono qui per darvi la mia personalissima opinione, e sarò entusiasta.
La fotografia di strada di Daniele Tamagni
La mostra è la prima grande retrospettiva del fotografo milanese, scomparso nel 2017 a 42 anni, vincitore di prestigiosi premi internazionali, tra cui il World Press Photo Award nel 2011. Daniele Tamagni ha saputo mescolare nei suoi scatti ingredienti come fotogiornalismo, fotografia di strada e moda arrivando a comporre un mix diventato la sua cifra stilistica.
La strada è stato il luogo dove, diventando invisibile grazie alla dote dell’empatia di cui Daniele era naturale portatore, ha carpito attimi di vita, storie, passioni, relazioni. Nello sguardo perso di una modella prima di entrare in passerella durante la Dakar Fashion Week ha intuito un bagliore di pensiero o di una speranza illuminati da un fascio di luce.
Pochi erano i fotografi che nel 2012 si interessavano alla Settimana della moda di Dakar. Oggi è l’evento di punta della moda africana. In quei backstage Daniele ne catturò l’intimità e la spontaneità.
Le subculture immortalate da Daniele Tamagni
Nel salto congelato di un giovane appartenente ad una dance crew urbane di Johannesburg, che ritroviamo nelle “Joburg Style Battles”, Tamagni ha immortalato la leggerezza di una libertà duramente conquistata in un contesto politico fortemente repressivo.
Dall’osservazione della strada ha tratto ispirazione e si è nutrito di subculture, e cioè di quei movimenti di ribellione giovanile che, come leggiamo in Instant Moda di Andrea Batilla, “scaturiscono in maniera autonoma dall’insofferenza dei giovani verso la società degli adulti”. Subculture che provengono dal basso, inizialmente minoritarie ma che hanno la straordinaria forza di farsi ascoltare. Dai marciapiedi alle passerelle, funziona così.
Non dobbiamo forse alle subculture i più grandi cambiamenti della storia della moda? Ricordiamoci che proprio Yves Saint Laurent fu attratto dai bikers “belli e maledetti” alla Marlon Brando e James Dean fino a portare le comuni biker jackets, da noi tutti chiamate chiodi, nelle sue collezioni. “La strada entra per la prima volta con prepotenza nella couture e la moda impara ad affondare le radici nelle culture giovanili” – scrive Batilla.
L’inno alla gioia nelle fotografie di Daniele Tamagni
Per Daniele Tamagni, l’Africa è stato un territorio fertile di storie, e mai di sguardi pietosi. Nelle parole di una delle due curatrici della mostra, Aïda Muluneh: «Daniele ha intrapreso una missione per dimostrare quanto ricco sia il continente africano in termini di diversità e storie non ancora narrate. Si è deliberatamente concentrato su individui ai margini della società, su coloro che sfidano le norme, privilegiando l’affermazione di sé rispetto all’approvazione altrui, su coloro che aprono la strada ai loro viaggi unici. A mio parere, ha scelto narrazioni strettamente allineate al suo cuore e al suo percorso di vita» sottolinea la co-curatrice.
Sapersi vestire è affare dei Sapeur, i dandy di Bacongo
Ignoravo l’esistenza della SAPE, acronimo che merita tutta la nostra attenzione. Si tratta della Società degli Animatori e delle Persone Eleganti che vede nei sapeurs congolesi, anche conosciuti come i “dandy” di Bacongo, quartiere di Brazzaville nella Repubblica del Congo, i suoi protagonisti.
“Sin dalle origini del movimento, all’inizio del Novecento, i sapeurs avevano reinterpretato lo stile dei colonizzatori francesi, esibendosi all’interno delle loro comunità in performance in cui ostentazione, lusso e raffinatezza diventavano strumenti di resistenza culturale”, si legge nel comunicato stampa. Daniele percorre quelle strade al loro fianco, e ne coglie la gioia di vivere, l’eleganza degli vestiti e l’audacia degli accessori – orologi, cappelli, occhiali.
Paul Smith si ispirò proprio alle fotografie del libro Gentlemen of Bacongo (pubblicato nel 2009 da Trolley Books) per disegnare la sua collezione primavera-estate del 2010.
Gli attimi sospesi e le identità in cerca di affermazione
Come sottolinea Chiara Bardelli Nonino, co-curatrice della mostra: «Daniele era stato attratto dalla moda fin dagli esordi, ma in una declinazione per cui i brand e le fashion week del tempo non erano pronti. Voleva capire e fotografare lo stile, in particolare quel momento in cui il gusto da radicalmente personale si trasforma in un gesto, e volendo in un messaggio, destinato agli altri. Anche per questo la sua ricerca passava sempre, prima di tutto, dalle persone. Daniele voleva conoscere i suoi soggetti, intrecciare amicizie, scoprire perché si vestissero in un certo modo, cosa volevano comunicare e a chi».
La moda è politica
Avrete sentito dire che tutta l’arte oggi è politica (grazie Marina Abramovich), ma anche la moda lo è. Quando ci vestiamo e scendiamo in strada, più o meno consapevolmente, stiamo agitando una bandiera, stiamo cioè comunicando qualcosa. La nostra bandiera prende le sembianze di una sciarpa, giacca, o di stivaletti a punta (la Bertè che canta a Sanremo schiaccia le vipere con stivaletti appuntiti, non con ballerine).
“Daniele Tamagni documentando gli stili e le tendenze della moda di strada, ne ha testimoniato il valore politico, talvolta sovversivo. Ha immortalato l’orgoglio e la gioia di comunità urbane per le quali “lo stile è vita”, come recita il titolo della mostra a Palazzo Morando. Nelle foto di Daniele Tamagni l’abbigliamento diviene identità. Vesto dunque appartengo.
Ritroviamo tutta la lotta politica nella sinfonia di tessuti variopinti delle gonne, chiamate pollera, che indossano le cholitas, lottatrici boliviane immortalate da Tamagni nel progetto che gli valse il World Press Photo. Le cholitas sfidano la prospettiva tradizionale della divisione dei ruoli di genere portando avanti, anche attraverso il wrestling, forme concrete e positive di emancipazione femminile a livello sociale e politico.
© Daniele Tamagni/Courtesy Giordano Tamagni – Untitled, from Kami, 2010.
Non mi resta che ricordarvi che la mostra chiude il 1 aprile 2024.
Fatevi un favore, andate a vederla 😉
PALAZZO MORANDO | COSTUME MODA IMMAGINE
Organizzata dalla Daniele Tamagni Foundation in collaborazione con il Comune di Milano,
Via Sant’Andrea, 6, Milano
9 febbraio – 1 aprile 2024
Da martedì a domenica, ore 11 – 19 (aperta lunedì 1 aprile)
INGRESSO GRATUITO SENZA PRENOTAZIONE