“Non so da dove partire, sono così tante le cose da raccontare…”. Così comincia la mia intervista a Nicoletta Vicenzi, conservatrice e restauratrice di opere tessili, di fronte all’arazzo del futurista Fortunato Depero attualmente esposto alla Galleria Nazionale di Roma nella mostra Interwingled. Poi, però non si è più fermata. Seguiteci in questo viaggio tra le trame colorate di Depero (ma faremo un saluto anche a Giacomo Balla). Esploreremo l’interessante lavoro di Nicoletta, rispolverando i ricordi delle opere.
Ho incontrato Nicoletta presso La Galleria Nazionale di Roma in occasione della mostra Interwingled (che per la cronaca è visitabile fino al 4 settembre, fate un salto se potete). Parola affascinante “Interwingled”, coniata dal sociologo e filosofo americano Ted Nelson per esprimere la complessità delle interrelazioni del sapere. Protagonisti della mostra sono gli arazzi che quanto a complessità e relazioni possono dire la loro, ma soprattutto le opere di Interwingled esprimono, per loro stessa genesi ed utilizzo, una miriade di significati e concetti. Dai tappeti che inneggiano alla guerra, agli arazzi con cui Alighiero Boetti “conquistava” il mondo, ci rendiamo conto che tutto è interconnesso, un po’ come la moda, non trovate?
Nicoletta Vicenzi e il restauro dell’arazzo di Depero
Di fronte all’arazzo colorato di Depero dalle dimensioni così importanti, Nicoletta è tutt’altro che sopraffatta. Si rivolge a lui come ad un amico, avendo intessuto una relazione piuttosto intima. È un fiume in piena: “Questa è un ‘opera di Depero datata 1925, il suo titolo è Guerra – Festa. È stato comprato dalla Galleria Nazionale nel 1926 alla 15 esima Biennale di Venezia. Quando ho fatto il primo sopralluogo era il 2014 e l’arazzo era esposto sempre in Galleria, ma in un’altra sala. L’opera doveva andare in mostra al Mart di Rovereto, e necessitava di un intervento di restauro. Abbiamo quindi allestito un cantiere nei depositi della galleria e dato il via ai lavori.
È un arazzo o non è un arazzo?
Le chiedo per capire come classificare l’esplosione di colori che stiamo contemplando già da qualche minuto. Nicoletta tentenna con il capo: “La tecnica esecutiva non è ad arazzo. Viene impropriamente detto arazzo più che altro per la tipologia di pannello decorativo che ricorda gli arazzi antichi di grandi dimensioni un tempo esposti a parete. Il nome arazzo è mantenuto per la tipologia di manufatto e per la sua funzione.
Quello che si vede è un Carnevale di colori, come dice Nicoletta aprendosi in un sincero sorriso di soddisfazione, ma qual è il lavoro che c’è dietro? Mi sembra un ottimo momento per “sfruttare” l’expertise di Nicoletta e farmi raccontare del processo di realizzazione.
Come è stato realizzato l’arazzo di Depero?
“Si parte dal disegno in campiture cromatiche, che viene poi sagomato su delle forme di carta. Su queste forme di carta venivano ritagliate ulteriori forme di panno di lana utilizzate per realizzare l’arazzo. Le forme erano collocate su una tela in lusine di iuta a sua volta tensionata su un telaio e poi venivano assemblate con queste cuciture a sovraggitto utilizzando dei filati che riprendono gli stessi colori delle campiture cromatiche affianco”.
Ingenuamente chiedo se le giunzioni tra i panni di lana sono fatte a mano o a macchina. “Le giunzioni sono fatte con fili di seta a mano a punti sopraggitto” mi risponde Nicoletta. “Si riconosce il fatto che è stato realizzato a mano perché i punti sono differenti gli uni dagli altri, non sono tutti uguali”.
Qual è la parte più difficile nell’effettuare il lavoro, nel ridonare l’antico splendore ad un’opera come questa?
Mentre Nicoletta sta pensando alla fatica di dovermi spiegare tutti i passaggi, io ammetto di esserne sempre più incuriosita. Ormai sono dentro quest’opera e voglio sapere tutto. “Dipende dai casi, ogni restauro è a sé” risponde. “Innanzitutto bisogna fare un’analisi del pezzo e capire quali sono i danni principali. In secondo luogo si fa una scheda tecnica del manufatto per comprendere come è stato costruito e qual è il miglior modo di intervenire sul pezzo. Successivamente, la prima operazione che si fa è la microaspirazione che serve per levare lo sporco superficiale. In base alla tipologia dei danni che si riscontrano sui manufatti si decidono gli interventi da fare. Ci sono vari interventi: pulitura a secco o con mezzo acquoso nei casi in cui il manufatto consenta il lavaggio (a seguito dei test di stabilità), e dopo il lavaggio c’è l’asciugatura”.
Fa una pausa e le leggo in faccia tutta la fatica dell’operazione rispetto ad un arazzo di dimensioni 3:30 x 2:40!
“Quando non si può fare il lavaggio si fa una vaporizzazione a freddo che consente di ripristinare la corretta ortogonalità tra trama e ordito. Essendo tessuti antichi o fragili, le deformazioni non si possono togliere con la stiratura normale. La vaporizzazione consente di ammorbidire le fibre, e grazie al vapore acqueo, si riescono ad appianare con le mani le deformazioni. Mi sento già stanca solo a sentir parlare Nicoletta, e mi chiedo il tempo necessario per effettuare il recupero dell’arazzo di Depero…
“È stato eseguito nel 2014 in pochissimo tempo poiché l’opera doveva andare in mostra e avevamo una consegna ristretta. Ho collaborato con altre 2 restauratrici impiegando circa un mese, un vero lavoro di squadra. Per fortuna non c’erano grandissimi danni. L’intervento principale è stato la pulitura e piccoli lavori di conservazione e manutenzione”.
Non riusciamo a staccare gli occhi dai colori vividi dell’arazzo. Passo dunque ad interrogare Nicoletta sul capitolo “colori”, e le chiedo come si fa ad armonizzare il nuovo filato usato nell’intervento di restauro, senza creare troppo contrasto. Lei risponde con un cambio di prospettiva. “Bisogna usare la stessa tonalità di colore ma da lontano non mi devo rendere conto dell’azione di manutenzione o conservazione, non deve essere un elemento che emerge dalla superficie, ma anzi deve mantenersi sempre sotto tono, come il tratteggio che viene utilizzato nel restauro dei dipinti. La stessa cosa accade con i tessuti e con i filati. Da vicino invece l’intervento di restauro deve essere visibile, altrimenti si creerebbe un falso. C’è una differenza tra lontano e vicino”.
Nicoletta prosegue sulla scia del colore spiegando come si preserva nelle opere d’arte e nei tessili in generale: “la prima cosa in assoluto che mi viene da dirti è proteggerli dalla luce perché la luce diretta è l’elemento che più di tutti abbassa il tono e fa virare i colori. Schermare le finestre e le fonti di luce è fondamentale per preservare i toni originari”.
Come sei arrivata a questo lavoro?
È tutto molto interessante, ma ora mi è venuto in mente di fare un passo indietro e di chiedermi come è arrivata Nicoletta un bel giorno ad indossare un camice bianco e degli occhiali di protezione, e a prendere tra le sue mani un Depero.
Lì Nicoletta fa un sospiro e parte: “È stato un percorso lunghissimo. Dopo il Liceo Classico, mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali. Ho sempre avuto un’affinità per i materiali, per arrivare al cuore del dettaglio, al micro elemento. All’università mi sono laureata in Scienze e Tecnologie dei materiali, ho avuto la volontà di scoprire la materia e andare più a fondo. Dopo la laurea ho fatto un corso di Catalogazione di opere d’arte tessile, molto ben strutturato con dei professori validi che mi hanno aperto il mondo del tessile. Da lì ho indirizzato tutto il resto”.
Come si lavora in quest’ambito? Esiste un Albo ufficiale oppure gli incarichi avvengono a chiamata?
“Le relazioni sono fondamentali, come in tutti i lavori. Non esiste un vero e proprio Albo, ma c’è un elenco di restauratori in tutta Italia che possono lavorare con la Sovrintendenza. Per quanto riguarda le committenze, nel mio caso sono principalmente statali (quindi musei), ma possono provenire anche da musei privati, Diocesi, musei diocesani o ecclesiastici, e infine collezionisti privati”.
Cosa si prova di fronte ad un’opera come quella di Depero?
La materia fa la differenza. Restaurare un tessuto a livello emotivo è molto forte. Il tessuto è come se assorbisse una storia, e questo vale ancor di più quando si tratta di un’opera d’arte. Questa sensazione l’ho provata proprio qui per la prima volta con l’arazzo di Depero alla Galleria Nazionale. Poi l’ho riprovata con una seconda tipologia di restaurazione con il lavoro fatto a Casa Balla.
Ora che Nicoletta ha pronunciato le fatidiche due parole “Casa Balla” non posso esimermi dal chiederle del suo intervento lì. Lei inizia a raccontare: “Un lavoro un po’ più lungo perché interessava vari pezzi. Ho restaurato abiti e completi da uomo giacca e pantalone esposti e non, casacche, ma anche borse, accessori, un cappello, scarpe da uomo e décolleté donna in raso dipinto. Quando si lavora con il tessile, soprattutto con l’abbigliamento, l’emozione è scoprire dettagli che forse nessuno vedrà, ad esempio la piega interna di un orlo, un bottone nascosto e delle iniziali”. Qui gli aneddoti si fanno invitanti e le chiedo qual è stata la cosa più particolare che le è capitata di scoprire durante un restauro.
Ci pensa un attimo e risponde di getto: “Stavo restaurando un abito settecentesco di una Madonna vestita, e all’interno dell’orlo abbiamo trovato dei doni ossia dei fiori fatti a mano in tessuto. Un’altra cosa bellissima che mi è capitata, sempre in una fodera, è il ritrovamento di un pezzetto di cartoncino con il filo e l’ago avvolti, probabilmente una dimenticanza, ma dal fascino incontrastato”.
Abbiamo seguito idealmente Nicoletta nei suoi restauri dell’arazzo di Depero e negli interventi di Casa Balla (tutt’ora visitabile, non lasciartela scappare), ora mettiamoci nel suo camice mentre guarda l’opera a restauro completato. Cosa si prova Nicoletta? “Solitamente molta fatica, ma anche una soddisfazione enorme. Passi veramente ore, giorni, mesi in solitudine a fare sempre lo stesso movimento. Il tempo non ha più senso, si arriva proprio ad un’intimità con il lavoro. Sei molto soddisfatta perché ridai nuova vita a qualcosa che potenzialmente poteva non averne più. Faticosissimo ma bellissimo!
Seguite Nicoletta Vicenzi in tutti i suoi prossimi lavori di restauro e conservazione.
La Galleria Nazionale vi aspetta per la mostra Interwingled fino al 4 settembre
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Viale delle Belle Arti 131
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